La Scoperta della Vittoria Alata

Le pagine dedicate alla scoperta della nostra Vittoria Alata sono pagine sulle quali si torna sempre molto volentieri e in queste settimane, forse, il piacere della lettura di esse è ancora più gradito.
   Le parole dei rappresentanti dell’Ateneo ci permettono di ripercorrere la cronaca di quegli incredibili giorni -e sere- di luglio del 1826, l’entusiasmo suscitato dalla già felice impresa archeologica in corso, l’incredulità del momento della scoperta dei bronzi, la responsabilità di accogliere e custodire tale patrimonio, la volontà e la necessità di condividerlo non solo con la città e ma anche con gli studiosi di tutta Europa.
   Il sentimento che più degli altri irrompe tra le parole che le comunicazioni ufficiali imponevano, talvolta soffocato dalla formalità ma in altri passi espresso senza briglie, è l’orgoglio di una intera città per quello straordinario tesoro che da quel giorno di luglio del 1826 in poi sarebbe appartenuto all’intera comunità dei cittadini.
   Gli onori che vennero attribuiti alla Vittoria Alata restano unici nelle cronache della città: il corteo aperto dal Podestà con l’accompagnamento della banda cittadina, la statua portata su un carro seguito dalle altre autorità e la folla accalcata ai lati delle strade.
   Una processione laica che ha accompagnato il debutto del bellissimo bronzo sulla ribalta internazionale. Archeologi, storici dell’arte, artisti, viaggiatori, regnanti e nobili, soldati e cittadini hanno potuto ammirarla, dapprima presso San Domenico e poi, dal 1830, all’interno del nuovo Museo Patrio, allestito ricostruendo i resti del Capitolium.
   Oggi la Vittoria Alata si trova, da qualche mese, presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze per un complesso intervento di diagnostica e di restauro, promosso da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo. Al rientro verrà posizionata nuovamente nel Capitolium, nell’aula orientale, con un allestimento – firmato dall’architetto spagnolo Juan Navaro Baldeweg – che ne valorizzerà l’imponenza e la qualità artistica.
    E più profonda sarà la conoscenza che avremo della statua e della sua storia.
   Nell’attesa di rivederla, anche il ricordo personale di Ugo da Como ce ne rammenta l’alto significato e rafforza un augurio, che tutti condividiamo:  L’ammirammo, sin da fanciulli, nelle prime visioni di bellezza. E fu per noi sempre luce di leggiadria, incanto, arte divina. Ma era anche la speranza, il sogno, l’auspicio

 a cura dell’Accademica
Francesca Morandini

Approfondimenti (vedi allegati): 

Discorso letto il dì 30 Dicembre 1826 nella Pubblica Sessione dell’Ateneo dal Nobile Signor Presidente, in Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’Anno 1826, Brescia, per Nicolò Bettoni e Comp., MDCCCXXVII, pp. 21-39

Giorgio Nicodemi, Il deposito di bronzi romani rinvenuto a Brescia il 20 luglio 1826, in «Commentari dell’Ateneo di Scienze Lettere e Arti in Brescia» per l’Anno 1926, Brescia, Scuola Tipografica Istituto Figli di Maria Imm., 1927, pp. 27-55

Pierfabio Panazza, Giovanni Labus e l’iscrizione del Capitolium di Brescia: cronaca di una scoperta (con un’appendice numismatica), in Divus Vespasianus. Pomeriggio di studio per il bimillenario della nascita di Tito Livio Vespasiano Imperatore Romano, Brescia 8 dicembre 2009, a cura di Francesca Morandini e Piefabio Panazza, Brescia, Tipografia F.lli Geroldi, 2012, pp. 1-29